Cos’è il Computer Quantistico e perché improvvisamente se ne parla tanto

Il Computer Quantistico è un tipo di macchina di calcolo, teorizzato nella seconda metà degli anni ’80, basato su un modello informatico totalmente differente da quello classico.

Laddove l’informatica classica rappresenta l’informazione attraverso insiemi di bit, cioè elementi rappresentabili matematicamente attraverso le cifre binarie “0” oppure “1”, e operazioni elementari di tipo aritmetico semplice (addizioni, sottrazioni, somme e prodotti logici come AND, OR, …), l’informatica quantistica rappresenta l’informazione attraverso insiemi di qubit, caratterizzati da uno stato che segue le leggi della meccanica quantistica e da operatori matematici caratteristici di quella branca della matematica chiamata algebra lineare.

Sia l’informatica classica che la nuova informatica quantistica possono essere studiate come discipline teoriche astratte e da un punto di vista esclusivamente matematico è possibile dimostrarne l’equivalenza, cioè, qualunque problema risolubile con un algoritmo classico può essere risolto con un algoritmo di tipo quantistico e viceversa.

A partire dagli anni ’50 sono state progettate e realizzate macchine in grado di rappresentare l’informazione secondo l’informatica classica e di eseguirne i relativi algoritmi. L’evoluzione di queste macchine è costituita dagli attuali computer.

Nel caso dell’informatica quantistica, le prime macchine in grado di rappresentare l’informazione attraverso qubit e di eseguire operazioni quantistiche sono state realizzate solo pochi anni fa e tuttora non esistono hardware in grado di eseguire algoritmi quantistici di utilità pratica.

Ma se i due modelli di informatica sono computazionalmente equivalenti, perché l’informatica quantistica è considerata importante?

La risposta riguarda l’efficienza di calcolo. L’efficienza in informatica è relativa alla quantità di operazioni, e quindi di tempo, necessari al completamento di un algoritmo.

Un conto è la computabilità teorica di un problema, un altro conto è l’efficienza con cui tale problema può essere risolto.

È su questo aspetto che l’informatica quantistica diventa interessante.

Esistono problemi per i quali la più efficiente delle soluzioni algoritmiche di tipo classico non permette di raggiungere l’obiettivo in tempi realisticamente accettabili.

Un esempio di problema praticamente insolubile è costituito dalla fattorizzazione dei cosiddetti numeri semi-primi. Si tratta di numeri interi, solitamente molto grandi, ottenuti moltiplicando tra loro due numeri primi molto grandi.

Trovare due numeri primi molto grandi è un problema abbastanza semplice da risolvere in modo efficiente, moltiplicare tra loro questi due numeri è ancora più facile, ma ricavare tali due numeri conoscendo solo il risultato è un problema maledettamente difficile da risolvere in modo classico.

Se, ad esempio, consideriamo un numero semi-primo di circa 400 cifre, il più efficiente algoritmo classico scoperto fino ad oggi richiederebbe un tempo di elaborazione di diverse centinaia di miliardi di anni (maggiore quindi dell’età stessa dell’Universo) per trovare i due fattori.

Tra l’altro, la moderna crittografia basa la sua sicurezza proprio su questa impossibilità pratica di risolvere il problema della fattorizzazione dei numeri primi.

Nell’informatica quantistica le cose sono molto diverse.

Il qubit è un dispositivo che mostra proprietà tipiche del mondo quantistico. Mentre un bit classico può assumere solo due stati, un qubit può assumere uno stato, chiamato di superposition, in cui coesistono contemporaneamente i due stati “0” e “1” con diverso grado di “partecipazione” allo stato. La rappresentazione matematica di un bit classico richiede semplicemente una cifra binaria. La rappresentazione matematica di un qubit richiede uno strumento molto più articolato: un vettore di due numeri complessi.

Gli stati di un bit sono solo due. Gli stati di un qubit sono infiniti, tanti quanti le possibili combinazioni dei due numeri complessi della sua rappresentazione matematica.

Su un bit l’unica operazione non banale è la sua inversione di stato, chiamata operazione (o porta) NOT. Le operazioni possibili su un solo qubit sono infinite, in pratica sono tutti i possibili operatori unitari in uno spazio di Hilbert.

Suona complicato?

Infatti è così. L’informatica classica si comprende con le competenze matematiche della scuola elementare. L’informatica quantistica richiede strumenti matematici da studi universitari superiori.

Ma è proprio l’impiego di un modello matematico basato sulla meccanica quantistica che cambia le carte in tavola quando si parla di efficienza.

Rappresentando gli algoritmi quantistici come reti di operatori che trasformano lo stato dei qubit secondo le regole matematiche tipiche della meccanica quantistica è possibile individuare soluzioni efficienti a problemi classicamente non calcolabili in tempi realistici.

Tornando al problema della fattorizzazione dei numeri semi primi, nel 1994 Peter Shor ha scoperto un algoritmo quantistico che permetterebbe il calcolo dei due fattori in tempi dell’ordine di pochi secondi, a patto di disporre di un hardware in grado di eseguirlo.

L’algoritmo di Shor è solo uno dei tanti possibili esempi. In molti settori esistono problemi che con i computer classici non sono praticamente computabili mentre iniziano ad essere noti algoritmi quantistici in grado di risolverli in modo efficiente.

Il problema è quindi oramai prettamente tecnologico.

Realizzare elettronicamente un bit è una cosa che oggi sappiamo fare molto bene.

Da alcuni anni sappiamo anche come realizzare fisicamente un qubit. Vi sono diverse tecnologie possibili. Una di queste tecnologie è simile a quella con cui vengono realizzati gli attuali chip microprocessori, ma non è l’unica in fase di sviluppo.

La difficoltà tecnologica risiede nel fatto che per realizzare un qubit occorre rendere controllabili e misurabili fenomeni che fino ad oggi sono stati osservati solo nei sistemi sub-atomici.

La meccanica quantistica descrive perfettamente il comportamento dei sistemi sub-atomici e permette di prevedere con precisione assoluta ciò che accade in un esperimento condotto con un acceleratore di particelle, per cui è una disciplina matematica che ha dei corrispondenti fisici e ciò assicura che il quantum computing sia fisicamente realizzabile.

La sfida tecnologica che permetterà all’informatica quantistica di diventare uno strumento di calcolo pratico consiste nel portare i fenomeni quantistici nel mondo macroscopico.

Dopo anni di ricerca, è quello che improvvisamente sta accadendo.

Negli ultimi mesi, aziende storiche come IBM, Honywell, Google e aziende nuove come D-Wave, e IonQ, hanno presentato sul mercato sistemi hardware in grado di eseguire i più semplici esperimenti di informatica quantistica e in alcuni casi di eseguire i primi algoritmi di interesse pratico.

Sempre l’IBM ha recentemente presentato un’ambiziosa roadmap che prevede il rilascio dei primi computer quantistici in grado di fornire un primo reale vantaggio in termini di efficienza rispetto agli attuali super computer classici entro il 2023, cioè fra pochi mesi!

Lo scatto decisivo sembra sia stato compiuto e a breve le aziende potranno disporre di hardware idonei ad eseguire software quantistico d’interesse pratico.

Parallelamente è iniziata la corsa allo sviluppo di algoritmi quantistici e di piattaforme software in grado di offrire alle aziende soluzioni di calcolo ad alte prestazioni nei settori che per primi saranno impattati.

Tra questi, il machine learning, la scienza dei materiali, l’ottimizzazione dei processi logistici, la gestione dei portafogli d’investimento e le scienze farmacologiche.

La nostra azienda è stata tra le prime imprese italiane ad intraprendere iniziative di ricerca e sviluppo nel campo del quantum computing.

Dal 2016 abbiamo avviato un processo di ricerca e sviluppo nel settore del software quantistico sfruttando l’accesso in cloud ai sistemi IBM Q.

Per alcuni clienti selezionati abbiamo avviato progetti, attualmente ancora strettamente riservati, e messo a punto i primi algoritmi quantistici in grado di sfruttare la prima generazione di computer quantistici di interesse commerciale e abbiamo strutturato un articolato programma di formazione professionale che da oggi viene offerto alle aziende che intendono diventare “Quantum Ready”.

Il nostro programma di formazione è stato messo a disposizione della rete FabLab Roma e dallo scorso autunno è pubblicato sulla piattaforma di e-learning https://chirale.online.